Ogni giorno, da quasi un anno, i media, all’unisono, ci bombardano di dati relativi alla cosiddetta “curva del contagio” del covid-19. Questa viene determinata dall’esito dei tamponi fatti quotidianamente. Attraverso l’uso di tali dispositivi, viene quindi condotta una “indagine statistica campionaria”. Se il campione è rappresentativo, poche unità (100, 1000, 100.000…) risultano indicative dell’intera popolazione nazionale (circa 60 milioni). Se il campione invece non è corretto, il risultato è quello di una sovrastima o sottostima del fenomeno analizzato. Quindi, se ad es., per investigare quanti siano i contagiati dal covid, analizzassimo un campione composto da soli bambini, ecco che il nostro risultato risulterebbe sottostimato, in quanto sappiamo che i bambini sono poco soggetti a questo male. Se invece testassimo i soli anziani ricoverati nelle terapie intensive, ecco che quasi l’intera popolazione italiana sembrerebbe affetta da gravi sintomi relativi al virus in questione. Insomma, il campione deve essere equilibrato e non selezionato. Mantenendo le dovute differenze sociali, di sesso, età, residenza, ecc., dovrebbe essere inoltre quanto più possibile casuale.
Tutto ciò premesso, è il caso di sottolineare come le statistiche che vengono commentate dagli esperti, somministrate giornalmente alle persone, e su cui si basano le decisioni del Governo relative alla salute dei cittadini (limitazioni di diritti e libertà individuali), sono invece totalmente sbagliate: in gergo tecnico sono “spazzatura”. Precisamente, raccolgono spazzatura in entrata e producono spazzatura in uscita.
Ciò accade perché i tamponi sono somministrati non per fare statistica campionaria, bensì per isolare i focolai epidemici. Partono dai casi più gravi, come ad es. la persona che affetta da sintomi si presenta in pronto soccorso per fare un tampone (i volontari per questo tipo di statistica sono da evitare come la peste), per allargarsi al gruppo dei contatti stretti (anche i gruppi sono da evitare). Insomma, così facendo vengono prodotti grafici statistici sulla base di una metodologia che viola i principi cardine di questo tipo di indagine: il campione non è casuale, ma assolutamente selezionato. Così facendo si sovrastima in modo a dir poco clamoroso l’incidenza della malattia sulla popolazione. L’uso strumentale dei tamponi sta alla base delle scelte governative che solo apparentemente avrebbero un avallo tecnico/scientifico, mentre risultano invece squisitamente politiche e del tutto prive di tale giustificazione.
Per mesi mi sono chiesto come fosse possibile che l’ultima ruota del carro all’ISTAT, qual è il sottoscritto, fosse il solo ad accorgersi di tale macroscopica distorsione dei dati. La realtà è che, invece, anche altri, ai vertici, hanno denunciato la situazione, ma col medesimo risultato: essere ignorati. A 10 mesi di distanza, il 17 ottobre, gli ex Presidenti dell’ISTAT, Giorgio Alleva e Alberto Zuliani, sono tornati a chiedere, dalle pagine del “Corriere della Sera”, una campionatura sulla reale diffusione del virus in Italia. L’Associazione Luca Coscioni, attiva a livello internazionale a tutela del diritto alla Scienza e alla Salute, aveva da subito rilanciato quella richiesta sollecitando una risposta da parte del Governo, che però non è mai arrivata. Alleva e Zuliani chiedono oggi “un campione probabilistico quindicinale anche di poche migliaia di unità’” che avrebbe un valore informativo di grande utilità, a un costo relativamente molto basso. Esso potrebbe dare grande forza ai numeri e al dibattito corrente, fornire un fondamento migliore alle decisioni delle istituzioni preposte e impegnare a un rispetto più convinto i destinatari, cittadini e imprese. Molto diplomaticamente, i due chiedono un uso corretto delle statistiche, ma ciò è del tutto inutile.
In base a un uso strumentale dei tamponi e a quello distorto delle statistiche, si arriva a produrre paradossi come il tasso di letalità che passa dall’iniziale 32%, al 27%, al 12% ed, infine, all’attuale 0,9%. La virologa Capua, a inizio epidemia, ha ipotizzato che quello reale si sarebbe attestato intorno allo 0,0X%. Inutile sottolineare che, se le statistiche fossero prodotte come si deve, il tasso difficilmente subirebbe tali macroscopici slittamenti in assenza di una cura definitiva. Esso cambia non solo perché migliorano, seppur di poco, le cure, ma soprattutto perché prima i tamponi venivano fatti solo o quasi ai casi gravi, mentre oggi sono più a tappeto benché sempre mirati. Inoltre, sempre paradossalmente se si fa un uso distorto della statistica, quanto più il sistema dei controlli sanitari è efficiente, tanto più la situazione sanitaria risulterà fuori controllo: più focolai vengono individuati e più aumenta la curva del contagio e dell’indice RT. Lo denuncia indirettamente la stessa Provincia Autonoma di Bolzano che, prima di cadere in disgrazia ed essere classificata come “zona rossa”, con l’ordinanza nr 42 del 13/10/2020, premette:
“In riferimento al quadro complessivo dell’andamento epidemiologico nella provincia di Bolzano per infezione SARS-CoV-2, si registra un moderato incremento dei casi di positività, ascrivibile tuttavia principalmente al considerevole numero di test effettuati, anche con modalità di screening di gruppi a rischio. Che tradotto significa che i casi aumentano perché aumentano i tamponi mirati ai focolai.
Anche le ultime misure di limitazione contenute nel nuovo DCPM sono state giustificate da Conte, durante il question time alla Camera, citando la ormai famigerata “curva del contagio”. “Siamo consapevoli – ha osservato – che sono misure severe, ma necessarie a contenere i contagi. Diversamente la curva epidiemiologica è destinata a sfuggirci completamente di mano”.
Di recente, si è iniziato a parlare anche di aumento dell’indice RTche registrerebbe la capacità di un individuo di infettarne altri. Se è superiore a 1, la malattia si diffonde. Inferiore a 1, l’epidemia è destinata ad esaurirsi. Ebbene, un ingenuo potrebbe addirittura pensare che l’indice venga stabilito mappando i contatti del malato. In realtà, ancora una volta, viene prodotto dal semplice rapporto dei contagiati di oggi con quelli di ieri. Ovvero, in base ai tamponi. E siamo punto a capo.
Qualcuno potrebbe, comunque, obiettare: “Ma le terapie intensive sono al collasso! Ecco perché sono necessarie le misure del Governo!”. A parte che quest’ultimo non giustifica la sua azione con quei dati, a oggi le terapie intensive sono occupate per una media del 18-20%. La curva dell’occupazione delle TI è in aumento? È naturale lo sia, perché storicamente, a gennaio, abbiamo le terapie intensive al collasso, da anni. Quindi, in assenza di specifiche statistiche che dimostrino una discrepanza tra i dati attuali e quelli degli anni scorsi relativi ai mesi di novembre e dicembre, sarei portato a desumere che, se il 10 gennaio le TI sono al collasso, a questo ci si arriva progressivamente a partire da novembre-dicembre.
Per concludere, una considerazione. Anche se fosse – e non è – che le TI oggi sono al collasso, hanno avuto mesi e mesi per correre ai ripari ed evitarlo. E altri mesi ci sono da qui a gennaio. Le decisioni del governo, basate in realtà sulla fantomatica curva del contagio e non sulla situazione delle TI, pertanto, rimangono squisitamente politiche e non supportate da alcuna evidenza scientifica o tecnica.
Andreas Perugini articolo del 11/11/2020 pubblicato da Il Detonatore http://www.ildetonatore.it/2020/11/04/leditoriale-il-governo-non-ha-capito-niente-della-curva-del-contagio-di-andreas-perugini/
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